L'esordio narrativo dello scrittore pinerolese è datato gennaio 2008 con il fanta-thriller GATELAND. Nello stesso anno ha ricevuto la segnalazione dell’Associazione ARTE CITTA’ AMICA di Torino nell’ambito delle opere edite con il suo romanzo ROBINSON JR. Nel 2009 esce il suo terzo romanzo, una storia di satira politica dal titolo TODOS CABALLEROS. Satan’s Womb/L’Utero di Satana è il suo quarto romanzo e rappresenta un ritorno alle tematiche fantastiche a lui care.
martedì 7 luglio 2009
CRA CRA – KAKATOA
Era un bel corvo nero, tutto nero lucido salvo il becco e le zampe colorate di un bel giallo scuro; gli amici uccelli lo chiamavano Cra-Cra, per via di quel suo verso inconfondibile, con il quale accompagnava le lunghe planate tra i rami dei pini, sino a sfiorare le terrazze delle case vicine.
Cra Cra conduceva un’esistenza libera, angustiata solo dalla difficoltà di procacciarsi il cibo quotidiano: buona parte del giorno la trascorreva nella ricerca e nella caccia di bruchi, moscerini ed altri insetti, attività fisiche che lo stancavano alquanto, poiché sentiva di essere uno spirito contemplativo piuttosto che pratico.
Aveva un gran desiderio di comunicare: con gli altri uccelli, con gli alberi e i fiori, con qualunque creatura incontrasse ma si bloccava inesorabilmente davanti a quel suo monotono cra-cra. Un giorno scoprì una finestra, e dietro quella finestra una ragazza. “Ah! potessi instaurare un dialogo!”
Ma non potè far altro che …. cra-cra….. crrraaa-crrraaa ..…
La ragazza udì quel suono, che più che un suono le parse uno sgradevole rumore, si voltò verso la finestra e attraverso i vetri lo vide. Più che vederlo, scorse una piccola massa nera, che agitava appena le ali ripetendo : crrraaa - crrraaa . Ed immediata fu la sua reazione: “ Brutto mostriciattolo così nero e sgradevolmente gracchiante, tu mi porti jella ! “. E per scacciarlo gli lanciò una pantofola. Che infranse il vetro.
Cra Cra riuscì appena a sottrarsi a quella cascata di schegge e volò a nascondersi tra il fogliame del suo albero preferito; non aveva rifugio in un suo nido; in verità non aveva un nido perché non aveva una compagna di voli; anzi, in verità, non aveva mai sentito il desiderio di averne una e quindi non ne soffriva la mancanza .
Con un sommesso cra-cra ripensò alla ragazza dietro la finestra: certo sarebbe stata una bella e buona compagnia ……
Spiccò il volo, compì un largo giro, andò leggero leggero a posarsi su quel davanzale; entrò circospetto, attraverso il vetro rotto, dentro la stanza e non vide nessuno, era vuota.
Venne subito attratto e rimase affascinato, dalle mille cose che là dentro rilucevano: specchi, mattonelle colorate, bianche ceramiche, pizzi e trine, barattoli, tubetti, bottigliette e vasetti d’ogni tinta .
Che regno! Il regno del colore ! e lui invece ….così nero, così nero !
Ed ecco la grande idea, che lo avrebbe certamente trasformato in un qualcuno di gradevole, di desiderabile: con il forte becco e gli adunchi artigli cominciò ad aprire tutti quei “cosi” colorati, e si passò sulle penne, alternativamente ad una a una, quei colori: il biondo ed il fulvo per capelli, il blu dell’ombretto, il rosa della cipria, il carminio e l’arancione dei rossetti; poi si lisciò le penne e si rimirò nello specchio.
Si vide e si ammirò, emise un interminabile “ooohhh” di meraviglia e di soddisfazione, e scoprì di essere diventato un “kakatoa”, uno di quei bellissimi variopinti pappagalli che rallegrano le foreste amazzoniche .
In quella entrò nella stanza la ragazza, che forse voleva truccarsi, ed anch’ella fece un “ooohhh” di ammirato stupore . “Un pappagallo! Un pappagallo in casa mia!!” e iridato di tutti quei bei colori, dal giallo al violetto, con qualche scorcio di nero e senza lo sgradevole gracchiare che emetteva quel corvaccio nero cacciato via poco fa. Allungò lentamente la mano verso quell’esotico uccello, che andò a posarvisi delicatamente, ad accovacciarsi poi nell’incavo tra la spalla e il collo, come forse aveva visto talvolta in televisione, da fuori la finestra, fare ai pappagalli dei pirati; si sentiva completamente a proprio agio, come fosse a casa sua, tra i tappeti multicolori e le spalliere delle sedie.
Ora non gli mancava che cantare, che parlare, comunicare con la sua neo - padroncina, ma certo non con quel suo brutto cra-cra; ci pensò proprio la padroncina, a poco a poco, a insegnargli qualche parola, qualche suono :
e per prima cosa gli dette un nome e gli insegnò a pronunciarlo: Kakatoa ! Ormai Cra-Cra, diventato Kakatoa, non aveva più la preoccupazione di procacciarsi di che mangiare, era sempre riccamente provvisto di semini attraenti e di mangimi succulenti che la ragazza traeva da pacchetti e scatoline, anch’essi colorati .
Tutto bello, tutto perfetto, tutto gradevole, salvo che per
la catenina che lo teneva legato al trespolo.
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