martedì 14 aprile 2015

Il trucco c'è e si vede

La finanza creativa, divenuta tristemente famoso come modo di dire col fallimento della Parmalat, sta ironicamente ad indicare quell'insieme di manovre finanziarie che dovrebbero risolvere praticamente, rapidamente ed efficacemente, una serie di situazioni economiche compromesse o senza speranza che hanno bisogno di una radicale inversione di tendenza. Negli Stati Uniti, tale filosofia sfrontata e decadente è stata alla base del clamoroso crack della Lehman Brothers, la più grande Banca d'Affari nella Storia dello zio Sam, nata nel 1850 e che ha lasciato in eredità “creatività” finanziarie per miliardi di dollari. L'unico scopo per cui si adotta questo truffaldino sistema per “raccattare denaro contante” è sostanzialmente quello di attrarre dei gonzi, paventando loro investimenti caratterizzati da alti tassi di guadagno e minimizzando i rischi che si corrono (solitamente altissimi). Si imbroglia l'investitore illudendolo che l'affare è facile come “rubare caramelle ad un bambino”. In Italia, in periodi di crisi come questo, gli investitori non ci sono e le aziende chiudono. Il vizio di affidarsi alla finanza creativa, tuttavia, è rimasto. Oggi è lo Stato che propone e dispone di questi strumenti e, complice l'informazione, fa apparire una scassatissima Fiat Duna del 1987 come l'ultimo modello della Aston Martin.

mercoledì 8 aprile 2015

Elementare deduzione, caro Watson

L'imposizione fiscale, in Italia, è la più alta d'Europa (si sa) e le sue ramificazioni, le interpretazioni possibili delle varie Leggi, scatenano dibattiti e polemiche infinite. La tassazione può essere diretta o indiretta in base a ciò che costituisce oggetto di calcolo (il patrimonio o il consumo). E anche questo si sa. Quello che si conosce meno o, meglio, che gli imprenditori pubblicizzano meno (e sbagliano) sono i costi occulti che in questi ultimi governi sono stati una vera e propria mannaia per ogni azienda. Allo scopo di non apparire vessatoria nei confronti dell'imprenditoria, la politica nostrana ha operato un sostanziale aumento dell'imposizione fiscale operando su ciò che a prima vista potrebbe apparire corollario della produzione. Ma che di fatto non lo è. Le spese che le imprese possono inserire a bilancio sono state diminuite o rimaneggiate variando il concetto di deducibilità o imponibilità. E' bastato variare le percentuali, un po' qua e un po' là, per ottenere significative nuove entrate erariali. Sto parlando dei costi per la telefonia, il trasporto, la salute, ecc. Oggi, qualunque compagnia telefonica riesce a fornire il proprio servizio ad un costo leggermente inferiore ai 20 euro ma se avete bisogno di un contratto business il prezzo raddoppia e più. La scusa principale non è il maggior onere da parte della ditta erogante (più telefonate e più efficienza nel servizio) ma proprio la possibilità di dedurre tale spesa. Peccato che questa possibilità sia continuamente menomata, Governo su Governo. Ad oggi, si possono dedurre solamente l'80% delle spese telefoniche e solamente se la linea è dedicata (ciò significa che i contratti devono essere per forza business e quindi... più costosi). Il servizio è migliore con una linea business? No ma tant'è. In Italia l'importante è pagare. Sempre. Altri costi occulti sono legati al trasporto. Le spese deducibili (carburanti, manutenzione e consumo) si dividono in numerose categorie in base alla tipologia del mezzo. Le cose cambiano se l'oggetto è un veicolo per trasporto merci, ad uso promiscuo, per i dipendenti. La detrazione è in tutti i casi solo parziale e continua a diminuire ad ogni riduzione delle tasse prospettata dai nostri super governi. Poi, ci sono le spese per la mensa fornita ai dipendenti, i costi di rappresentanza, bolli, assicurazioni, omaggi e manutenzione ordinaria di immobili, spese sanitarie, ecc. Per fortuna, però, #èlavoltabuona e le cose non potranno che cambiare. In peggio...