lunedì 25 gennaio 2010

Cina-India contro resto del Mondo


(Immagine tratta da https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEivUuxB67XXdlGzKk3r8j-t8ZtQNQPHk81qn4zNOOYRy3BdCPnibztS-hYIkSOMLlN_XOr-5gf3S_z_qVidRecN83j_Kwe7iKAD04rnv3-5ObJzNNirLEBTF2L56ReGl4rNWz4aYje4iNQ/s400/asian_Dragon_and_ying_yang.jpg)
Cina-India contro resto del Mondo
Il Drago cinese e l’Elefante indiano sono i nuovi motori dell’economia mondiale. L’Asia, che aveva perso il Giappone quale sicuro primattore in grado di condizionare i mercati, ha acquistato due giganteschi propulsori. Quest’ultimo aggettivo non è usato a sproposito. I due colossi asiatici, in barba alle conquiste sindacali ottenute dagli operai europei e statunitensi, hanno rispolverato il concetto di proletariato, stanno conquistando enormi fette di mercato con la forza del numero dei propri cittadini, del livello inversamente proporzionale del loro salario nonché della sicurezza nel posto di lavoro. Oggi non c’è quasi alcun prodotto che non abbia almeno un componente che viene dalla Cina o dall’India. Le aziende europee e statunitense stanno spostando le proprie linee di produzione in questi due Paesi allo scopo di ridurre i costi e aumentare i profitti. Mi sta bene. Se un’azienda multinazionale qualsiasi è guidata da un ottuso manager che ha bisogno di dare trimestralmente al proprio Consiglio di Amministrazione un utile immediato senza alcuna previsione di più ampio respiro allora è giusto che le fabbriche europee e americane chiudano in favore di quelle cinesi ed indiane. Ebbene esse hanno vinto la battaglia commerciale. Occorre ammettere che è giunto il momento di alzare bandiera bianca. Noi siamo pronti ad arrenderci. Non siamo disposti a cancellare quanto di buono sono riusciti a conquistare i nostri padri ed i padri dei nostri padri. In questa sleale concorrenza vorrei che tutti noi smettessimo di lottare per le briciole di pane che stiamo con molta fatica cercando di dividerci. Non possiamo competere suicidando le nostre idee ed il nostro stesso modo di essere. Avete vinto cari manager ottusi e corrotti. Avete vinto cari cinesi, cari indiani. Noi abbiamo deciso di lasciarvi campo libero. Vorrei solamente farvi notare una cosa: se volete produrre da soli gli oggetti della società dei consumi che noi abbiamo creato perché questi ultimi non ve li comperate da voi? Quando le nostre aziende chiudono i propri stabilimenti in Europa e trasferiscono le produzioni in Cina o India portano nei vostri due paesi ingenti somme di denaro. Cioè proprio quelle che servono agli operai ed agli impiegati che si trovano a spasso, su una strada, per acquistare quello che state facendo con così tanto disprezzo per le nostre culture. Niente di personale ma non si può avere la botte piena e la moglie ubriaca. Solo uno stolto può pensare che esportare senza importare, negare i diritti internazionali dei lavoratori e le più elementari forme di controllo della qualità dei prodotti, siano concetti alla base di un sistema che possa durare all’infinito e la crisi che attanaglia l’Europa ne è una decisa conferma. Perciò, e qui lo ripeto senza vergogna, tenetevi quello che avete fatto con così amorevole cura e preparatevi ad accogliere nelle vostre frontiere quel miliardo di nuovi poveri che avete saputo creare. In questo non vi siete dimostrati meglio di noi.

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